La Serenissima era il titolo che i governanti di Venezia conferirono alla loro potente Repubblica, il cui controllo del Mediterraneo portò alla città innumerevoli ricchezze. Le sue galee bene armate difendevano le rotte commerciali e, quando Venezia guadagnava vaste aree della terraferma, era egualmente preparata a combattere per mantenere il suo territorio. Pur tuttavia, per quante battaglie La Serenissima portasse avanti all’estero, la sua capitale rimaneva tranquilla nel suo splendido isolamento. Le acque poco profonde ma insidiose della Laguna si dimostravano più sicure delle mura dei castelli.
Esperti dell’arte della guerra ma avversi allo spreco che ne derivava, i Veneziani preferivano dedicare la propria ingegnosità ed energia all’attività lucrativa del commercio. Trasformando se stessi in esperti marinai e astuti mercanti, gli intrepidi isolani costruirono in modo meticoloso un impero di affari che divenne l’invidia del mondo. La loro enorme ricchezza produsse una civiltà incredibilmente sofisticata e i frutti del loro incessante lavoro sono tuttora evidenti in abbondanza nella leggendaria Città Fluttuante, e continuano ad attirare innumerevoli visitatori e a ispirare
dipinti, acquerelli, disegni, incisioni e fotografie in quantità incalcolabile. Per oltre mezzo millennio, le vedute e i soggetti artistici prediletti sono rimasti il tempio dorato e dalle molte cupole dedicato a San Marco e i maestosi Palazzo Ducale, Libreria e Campanile; i sobri e appariscenti palazzi allineati lungo il Canal Grande; le magnificenti basiliche e le chiese ‘minori’ che eclissano molte delle cattedrali altrove nella Cristianità. Nei giorni di gloria di Venezia, i suoi luoghi pubblici divennero scenari sui quali tutti i ranghi della società, inclusi gli stranieri nella loro esotica finezza, erano costantemente in mostra.
Nonostante la sua tarda opulenza, La Serenissima fu di base una Repubblica pragmatica, creata da incessanti fatiche, esperimenti audaci e calcolata capacità di correre rischi. Ma furono lo splendore e la cosiddetta decadenza della Serenissima, come descritto dai pittori di scena del diciottesimo secolo, o vedutisti, che più catturarono l’immaginazione popolare e fissarono per sempre la sua immagine edonistica. Nei drammatici panorami di Bellotto, Marieschi, Guardi e soprattutto
di Canaletto, la Venezia lussuriosa si avvicinò alle alte sfere dell’allegoria e del mito – motivi prediletti su molti dei soffitti affrescati dei palazzi. Nelle loro vivide riproduzioni della città e delle sue stravaganti esibizioni di cospicuo consumo, la Regina dell’Adriatico sembrava far parte del regno della fantasia, in particolar modo per gli stranieri non preparati a tale fulgore. I giovani aristocratici inglesi, nel corso dei loro Grand Tour, ne erano stupefatti e compravano tele di Canaletto e di altri artisti in gran quantità: souvenir di una libertà inconsueta e di una stravaganza che meravigliava i loro compatrioti.
Anche artisti stranieri più immaginifici, nel Diciannovesimo e primo Ventesimo secolo, furono altrettanto infatuati della singolare Città della Laguna, nella quale gli spettacoli della Natura e la stupenda interazione di luce e acqua suscitarono opere sensazionali come quelle di Turner, Sargent, Ruskin, Manet, Monet, Renoir e di un novero di altre figure meno note troppo grande da menzionare. Il loro approccio romantico e Impressionista ha esercitato la sua influenza fino a oggi, sia nei vasti contingenti di artisti professionisti, così come nelle legioni di amatori i quali, album
da schizzi in mano e cavalletti addossati ai canali, sono diventati parte dello scenario “pittoresco” che tentano di catturare.
Tom Parish ha visto tutto questo, studiato quello che gli appariva più interessante nella grande tradizione della pittura veneziana e ha poi deciso di procedere per una sua strada, artisticamente e letterariamente. Nessun bisogno di ripercorrere antichi sentieri. Parish ha preferito attraversare strade diverse, esplorare altri angoli e idee di Venezia, in particolare aspetti più fondamentali e meno sensazionali. Oggi La Serenissima è certo lontano dall’essere tranquilla, cresciuta in modo sempre meno quieto a causa dell’arrivo dei motori a vapore, dei vaporetti e poi dei chiassosi motoscafi, per non menzionare le moltitudini folli di visitatori che possono opprimere le attrazioni culturali della città. Eppure i dipinti di Parish ci ricordano che, anche ora, nell’epoca del turismo industriale, è possibile trovare placidi canali, vicoli vuoti e campi tranquilli nei quali si può sperimentare la tranquillità dei vecchi tempi.
Questo è certamente il caso di Cannaregio, la zona nella quale Parish ha più volte soggiornato. Su tele di grandi dimensioni Parish ha dipinto, in modo amabile e in squisito dettaglio, gli elementi più caratteristici – moli comuni, portoni, finestre, muri, sotoporteghi, cortili, ciottoli, ponti, edifici vernacolari – che costituiscono il tessuto della città. La sua sempre acuta attenzione si fissa sulle infinitamente variabili forme dell’acqua, la forza pervasiva che determina l’esistenza anfibia di
Venezia. In apparenza realistiche, ma astutamente tali, le composizioni di Parish esibiscono
un controllo di focus e profondità di campo su ampi spazi, contrariamente all’effettiva percezione dell’itinerante occhio umano. Nelle sue minuziose osservazioni l’artista è particolarmente affascinato dal decadimento e dalla dilapidazione che, in modo lento e insidioso, si stanno verificando nella fragile città, causati dalle acque saline nelle quali le isole di cui è composta scomodamente risiedono.
Venezia è la città più artificiale al mondo e lo è stata dall’inizio. Nella Laguna i Veneziani dovettero creare o consolidare proprio la terra stessa prima di costruire, su palafitte. Nei secoli quel suolo ha ceduto, e anche più rapidamente nei tempi recenti, mentre l’acqua è salita, e ora inonda a ritmi record. Ovunque l’acqua raggiunga le murature un tempo protette, essa si fa strada per osmosi e i mattoni si espandono, sono rimossi dal loro sito e si disintegrano. Ben prima, l’intonaco si screpola e cade, esponendo ulteriormente la struttura sottostante agli agenti atmosferici. Frugali per natura e inventivi per necessità, i Veneziani non sprecavano nulla e riciclavano ogni cosa. Così dai tempi più antichi il procedimento più economico per riparare la muratura danneggiata risulta nel metodo chiamato scuci-cuci, cioè nella rimozione delle sezioni rotte che sono sostituite con nuovo materiale. Questo patchwork produce l’effetto di trame meravigliosamente mescolate tra loro in una ricca gamma di colori tenui. Oggi, sezioni di muri da lungo tempo in fase di disintegrazione, in molti casi piuttosto ampie, rimangono incontrollate: affascinanti campi visuali che rendono Venezia se stessa in modo unico.
E’ questo tipo di bellezza ferita che Tom Parish assapora e registra nella sua arte. Di solito è raddoppiata dalla riflessione nelle acque – calme e piane, o agitate e infinitamente mutevoli. Le dinamiche tra le opere frangibili dell’uomo e le forze della natura rappresentano l’ossessione centrale di Parish. Sui muri, sull’acqua e ovunque altro egli fissi il suo (e il nostro) sguardo nei suoi lavori veneziani, le meticolose pennellate dell’artista forzano l’attenzione sui piaceri mondani e sui quotidiani misteri che abbondano nei suoi spopolati e in apparenza abbandonati paesaggi urbani.
Parish ha citato la sua ammirazione per Giorgio de Chirico, le cui prime opere, quali Le Muse Inquietanti (1917), preludevano ai Surrealisti. Benché Parish rifugga per lo più l’astratto e le caratteristiche disarticolate dei lavori “metafisici” di De Chirico, la loro enigmatica, spesso misteriosa e strana atmosfera è parte importante del programma di Parish, in particolar modo nelle opere radunate nella presente mostra.
In quanto artista sempre antitetico e provocatore, Parish discerne, combina e abbraccia lo strano nell’ordinario. Osservare la sua collezione, evocativa, alle volte spiazzante ma curiosamente consolatoria, è un’esperienza tonificante.
Questo saggio scritto dal critico d'arte Joseph Parisi è stato pubblicato nel catalogo della mostra Tom Parish: Canti Silenziosi Di Venezia (Tom Parish: Silent Songs of Venice) nel 2012.
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